Skip to main content
social media post covid illustrazione

I social media post Covid-19.

Come il Coronavirus ha cambiato il nostro modo di stare sui social?

 

È passato un anno dal primo lockdown, e per molte cose sembra che ben poco sia cambiato. Siamo sempre al lavoro in smart (più o meno) working, la DAD (no, non abbiamo sbagliato l’articolo) ha ormai trasformato molti di noi in  insegnanti, siamo già  alla seconda stagione di Masterchef condotta dal nostro cucinino e anche questa Pasqua abbiamo evitato il pranzo con i parenti.

Ma se qualcosa è cambiato durante questo anno di pandemia, è il nostro utilizzo di internet e dei social media. Chiusi in casa e con poco da fare, secondo Vox, nel 2020 in media gli utenti americani hanno trascorso 82 minuti al giorno sui social, ben 7 minuti più del 2019.

È un aumento importante, anche se poco sorprendente. Ma  cosa abbiamo fatto in quegli 82 minuti al giorno sui social? Come è cambiato il nostro modo - e il modo dei brand - di stare sulle piattaforme?

Curato sì, patinato no.

Cominciamo da Instagram: è il social con la più forte crescita di utenti nell’ultimo anno, usato dal 67% degli utenti.

Secondo il report Hootsuite, Instagram è il canale dove più del 60% dei brand pianificano un maggior investimento del budget nel 2021.

È anche il canale dove, durante il lockdown, il 75% degli influencer ha dichiarato di aver pubblicato più Storie e il 40% di aver realizzato più live. Sono diminuiti invece il numero di post feed per il 23% degli intervistati (fonte: Statista).

Insomma il mondo di Instagram è in continuo cambiamento (ne avevamo già parlato con l’articolo su Reels, Stories e IGTV).

Quello che sembra però, è che ci sia stata una sorta di inversione a livello dei contenuti. Se fino a poco tempo fa andavano per la maggiore contenuti curati nei minimi dettagli, fatti di foto perfette, feed in palette e selfie senza difetti, pare invece che adesso siano in netto aumento i contenuti più personali, reali e immediati.

Certo, potrebbe essere solo un’impressione di noi che stiamo sui social tante ore al giorno, ma anche il report WeAreSocial e GlobalWebIndex afferma che durante il 2020 il 42% degli utenti si è sentita meno in dovere di mostrare solo il lato positivo, curato, perfetto della propria vita.

Sono stati molti gli utenti che hanno utilizzato i social per parlare dei propri problemi, dei momenti di stanchezza e delle difficoltà dovute al lockdown, o per cercare empatia e connessione con chi stava provando le stesse emozioni e le stesse paure (le abbiamo provate tutti!)

Attenzione però, parlare delle proprie difficoltà non significa lamentarsi. Infatti i contenuti più apprezzati sono quelli in cui mostriamo come affrontare i momenti difficili con positività e ironia.

In pratica: Più umanità e meno finzione. Citazione doverosa per WeAreSocial, che lo dice molto bene in inglese e noi lo traduciamo in italiano “Online, le persone sono più disposte a essere umane e meno perfette."

Lascia fare agli altri (gli utenti).

Meno finzione, più realtà: in linea con questo trend, nell’ultimo anno abbiamo visto sempre più brand utilizzare contenuti generati dagli utenti (in gergo UGC, user generated content).

Non è una novità: si parla da anni di utilizzare i contenuti di chi ci tagga. Anche il "repost" nelle Storie di Instagram è un modo per utilizzare i contenuti degli utenti: forse si perde un po' nell’estetica, ma si guadagnano contenuti (gratis!) e soprattutto si cementa il rapporto con chi ci segue (e con i clienti acquisiti e potenziali!).

Con le limitazioni del lockdown, molti brand si sono affacciati al mondo degli UCG. Sembrava una scelta di ripiego eppure, passata l’emergenza, il trend non è scomparso:

  • nell’ultimo anno sono aumentati non solo gli utenti, ma anche i contenuti creati dagli utenti;
  • gli utenti sono più inclini ad ascoltare altri utenti, piuttosto che brand super curati senza un volto;
  • le campagne che puntano alla creazione e condivisione di UGC sono un modo per stare insieme, per rimanere in contatto anche a distanza.

Volete un esempio di campagna UGC che spacca? "Grazie Italiani" di Chiquita.

Metti insieme utenti annoiati in casa, voglia di svagarsi, una richiesta semplicissima (“la cosa più originale che hai fatto”) e un montaggio scatenato e una voce fuoricampo ironica e divertente. Guardare per credere.

In pratica

Il modo migliore per parlare al proprio pubblico è sempre quello: ascoltare chi ci segue, capirne le necessità, e parlare lo stesso linguaggio.

Fatti, non finzione.

Abbiamo detto che gli utenti cercano contenuti divertenti, magari creati da altri utenti (e non da brand), poco raffinati e molto personali: suona familiare? Sembra di parlare di TikTok!

TikTok è il social dove immagini troppo curate sono quasi bandite, dove i contenuti sono leggeri, nato per intrattenere (e per non farti accorgere di quanto tempo ci passi).

Saranno questi i motivi che hanno portato nel 2020 al raddoppio della percentuale di utenti italiani che utilizzano questo social? (Fonte Report WeAreSocial).

Attenzione però, TikTok non è così frivolo come sembra. C’è anche chi lo utilizza, con successo, per fare divulgazione scientifica. Ecco l’account @vita_da_as, creato dalle assistenti sanitarie che lavorano nel laboratorio Covid-19 del Policlinico di Bari. Con video divertenti e ironici, in linea con i video che vanno su TikTok, smontano notizie false e dicerie sui vaccini. Hanno più di 76.900 "Mi piace", segno che si può parlare anche di argomenti complessi in modo creativo e accessibile.

Infatti, il 2020 è stato proprio l’anno della disinformazione e delle fake news: ci siamo rivolti ai social per informarci, ma senza riuscire a distinguere tra fonti attendibili e sedicenti esperti. Forse per questo sono è stato anche l’anno in cui abbiamo visto medici, infermieri, biologi utilizzare i social per far chiarezza sul Coronavirus e sui vaccini, per smontare bufale, e per cercare di spiegare agli italiani come affrontare con spirito critico le notizie che circolano su internet (e sui gruppi WhatsApp).

Tre "influencer" che ci piacciono:

Sì, ma tutto questo non interessa ad un brand, giusto? Sbagliato!

Gli utenti rifuggono dalla pubblicità vuota (soprattutto quando questa interrompe la fruizione di contenuti), ma apprezzano l’informazione, specialmente se originale. Parlare agli utenti a partire da dati (veri) e informazioni (verificate) è un modo per rendersi più memorabili e differenziarsi da chi fa solo claim pubblicitari.

In pratica

1. creare contenuti informativi e allo stesso tempo divertenti è possibile, e lo sforzo è ripagato dalla risposta del proprio pubblico.

2. E sì, i gruppi di WhatsApp sono il male.

Ciao mamma, sono in LIVE.

C’è stato un momento, tra marzo e aprile 2020, in cui non potevi aprire Instagram senza che ti comparisse la notifica che c’era qualcuno in diretta. Le Instagram Live* hanno invaso qualsiasi ambito: cantanti e artisti, VIP e cuochi, fashion blogger e personal trainer, tutti sono andati “live”, vuoi per sconfiggere la noia del lockdown o per mantenere vivo il contatto con il pubblico.

Con la progressiva riapertura le dirette sono diminuite, per fortuna: non sapevamo più quale seguire! Ma non sono scomparse: brand, aziende, e organizzazioni hanno capito che sono uno strumento da sfruttare perché 

  • Sostituiscono gli eventi fisici (che in questo momento sono difficilmente realizzabili),
  • piacciono agli utenti (sarà sempre l’effetto FOMO?)
  • sono un momento di co-branding (specialmente quando ad intervenire sono VIP e influencer). 

In pratica

Le dirette spaziano dai tutorial di cucina alle discussioni scientifiche, dagli allenamenti alle riflessioni filosofiche. C’è spazio per parlare di qualsiasi argomento, ma, come per il punto precedente, l'importante è avere qualcosa di nuovo da dire.

 

* Abbiamo preso come esempio Instagram, ma le dirette ci sono anche Facebook e su YouTube (spesso livestream di webinar realizzati con altre piattaforme come Zoom o Google Meet). C’è poi Twitch, la piattaforma di live streaming - ma di questo parleremo in un altro articolo.

Per tirare le somme

Tanta voglia di spensieratezza e altrettanta voglia di avere certezze: il nostro uso dei social sembra altalenare tra due estremi opposti.

Come è cambiato il vostro modo di utilizzare i social - o di lavorare con i social?

Fatecelo sapere nei commenti su Facebook e LinkedIn, non vediamo l’ora di leggervi!

Per saperne (ancora) di più

Report Hootsuite - We Are Social 2021: Dati globali → wearesocial.com/it/blog/2021/01/digital-2021-i-dati-globali

Report Hootsuite - We Are Social 2021: Dati italiani → wearesocial.com/it/blog/2021/02/digital-2021-i-dati-italiani

We Are Social: Rise of Realism → wearesocial.com/blog/2020/07/the-rise-of-realism-over-perfection-on-social-media

VOX: Social Media and Covid-19 → vox.com/recode/22295131/social-media-use-pandemic-covid-19-instagram-tiktok

Talking Ingluence: Less filters, more authenticity → talkinginfluence.com/2021/02/04/less-filters-more-authenticity/

Statista: Coronavirus in Italy → statista.com/statistics/1108073/content-formats-during-coronavirus-crisis-in-italy/

Social Insider: Instagram marketing trends → socialinsider.io/blog/instagram-marketing-trends-for-digital-marketers

Later: Influencer marketing trends → later.com/blog/influencer-marketing-trends/

Social Bakers on Covid-19 → socialbakers.com/web-api/wp/study/covid-19-impact-social-media

Se ti è piaciuto questo articolo, condividilo

Submit to FacebookSubmit to LinkedInSubmit to Digg